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San Firmino

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San Firmino

Proposto da Toni_ve giorni fa
Pamplona.
Lui sta vivendo, con irresponsabile leggerezza,  le ultime giornate dell’infinita onnipotenza ed inossidabile incoscienza della sua giovinezza.
Dopo il lancio del chupinazo, sta vagando per le affollate vie del centro chiedendosi che cosa stia facendo lì. E mentre se lo chiede per l'ennesima volta, maledice quel pomeriggio, svogliato ed umido, di un paio di mesi fa, quand’è scaturita una delle solite scommesse, stupide ed avventatamente pericolose ma proprio per questo irrinunciabili.
Maledice Hemingway e tutti i suoi romanzi.. “Fiesta” in primis: come diavolo avrà fatto a farsi coinvolgere in questa stupidaggine?
Correre coi tori a Pamplona nella festa di San Firmino!
In quel momento, complice sopratutto il sorriso obliquo e  carico di promesse, mai mantenute, di una ragazza ormai smarrita nella nebbia, gli sembrava d’aver compiuto un gesto di coraggio e romanticismo assoluti. Ed ora è davvero qui, incredulo e spaventato ma c’è! Ha anche acquistato la classica tenuta bianca con la fusciacca rosso sangue (lo stile non deve mai cedere)
Si muove solo ed assorto, i suoi due soci ed istigatori sono persi da qualche parte, tentando improbabili approcci con le innumerevoli donne che vagano nei vicoli del centro, tanto mica correranno loro!
Scivola fra la gente, ascolta frammenti di discorsi, vaga da un capannello all’altro. Ubriachi che vantano il loro coraggio, ragazzi agitati, nervosi e tutti che parlano dell’encierro.
Percorre attento quel chilometro scarso fino alla plaza de toros, pensa scaramanticamente “che sarà mai: basta stare attenti ai ciottoli, attento a non scivolare…” ma l’inquietudine non lo abbandona, lo tiene sveglio, in ansia.
Si ferma ad un tratto, lo sguardo attratto da un uomo in kilt; uno scozzese dalla voce calma, dal tono tranquillo. Si accosta e rimane ad ascoltare fino a che la gente si allontana seguendo le correnti della folla; rimane ancora a chiacchierare con Alasdair (così si chiama quell’uomo senza tempo) non gli chiede perché correva; gli chiede perché non corre più: Alasdair indica una lunga cicatrice sulla gamba destra con un sorriso mesto.
Restano ore a parlare, Alasdair gli racconta, gli parla di ogni sasso, di ogni toro, di ogni respiro, di ogni momento dei sui innumerevoli encierros ..gli spiega trucchi e paure, ricordi di dolore e sapore di fiele.
Gli dice di non provare, di andarsene senza voltarsi indietro.
Il ragazzo risponde che non può “ho scommesso” ..allora Alasdair tace e gli stringe con forza la mano sulla spalla mentre si gira scuotendo la testa.
Sono ormai le sei del mattino, il tempo di ritrovare gli amici, una doccia e cambiarsi per essere pronto prima delle otto al primo encierro.
Ora ci siamo davvero: la gente che preme, emozionata, agitata.. puzza di birra, di sudore e, soprattutto ed onnipresente, puzza di paura e brusio sommesso di preghiere, invocazioni e scongiuri.
Un boato ed i tori escono…
Corre! Corre mentre svaniscono i volti attorno, mentre la folla diventa un bianco indistinguibile solcato da lampi rossi.
Corre sentendo alle spalle gli zoccoli dell’inferno, sente il respiro umido dalle froge dei suoi mostri.
Corre solo fra la moltitudine, corre da sempre e quei maledetti 800 metri non finiscono… pensa solo a non cadere ed a correre.
Corre scavalcando quelli che inciampano, corre senza guardarsi indietro, senza vedere nulla.. Corre e sente, improvviso, il corpo accanto al suo che gli rovina addosso. “cazzo mi fa cadere!” si scosta e, con la coda dell’occhio, vede una mano che chiede aiuto.. una mano che invoca nella tempesta.
Istinto.. ragionamento, chissà! senza rallentare prende la mano e la stringe trascinadola.. corre ancora più forte negli ultimi metri: ha sentito un urto,  un violento bruciore al fianco ed un calore umido che si allarga scendendo verso la gamba “corriiii!!!!!!” urla alla mano che si aggrappa con la forza di un’anima raccolta dallo Stige.
Ed ecco lo spazio dell’arena: bianco abbacinante, lampi di luce attraversano il cervello.. dolore ai polmoni riarsi.. il dolore della salvezza.
“Sono vivo” pensa senza crederci... sfiora, senza ben comprendere,  il graffio sul fianco: ci penserà più tardi.
Ora può guardare quella mano tremante, quella mano che ancora si stringe con tremante disperazione; la guarda ed incontra due occhi neri, spalancati nell’eccitazione e nell’incredulità, occhi scuri e profondi, attorniati dai riccioli neri di una donna non più giovanissima..
Rimane senza parole, incapace di riprendersi dalle emozioni mentre vede le stesse emozioni scorrere negli occhi di Agathe.
Si spostano ai margini dell’arena sempre mano nella mano, parlano adesso, si abbracciano scampati allo stesso pericolo; eccitati dalla loro paura e dalla vittoria comune.
Scavalcano lo steccato di un’uscita di sicurezza, si trovano in un buio corridoio a due passi dal tumulto ....ma questa è un'altra storia..