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No man is an lland

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No man is an lland

Proposto da Toni_ve giorni fa

“No man is an lland, intire of it selfe; every man is a peece of the continent, a part of the maine.” (John Donne - Devotions upon Emergent Occasions, XVII-)
“Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo di un assieme, una parte del tutto”, così scriveva John Donne all’inizio del 17° secolo.
In pratica diceva che una persona ha bisogno di vivere in una società e che, per farlo, deve sottostare alle regole di comportamento e morali che la società, in cui ha scelto di vivere, ha definito ed affinato nel tempo.
Quell’uomo non ha opzioni reali: l’unica vera scelta la può compiere nel momento in cui decide d’appartenere o meno a quella collettività.
Una volta che si fa parte d’una tribù se ne debbono seguire (subire) tutti i rituali ed i percorsi predeterminati, pena l’emarginazione e la ghettizzazione.
Siamo parti di un sistema, e questo sistema è troppo esteso per essere influenzato dalle possibili “scelte” d’un singolo.
Certo, alcuni singoli hanno fatto la Storia.
Personaggi come Napoleone Bonaparte, M.K. Gandhi, Adolf Hitler, Maometto ecc. hanno, con le loro gesta e coi loro pensieri, forgiato e trasformato i destini di parti consistenti dell’umanità ma, a ben pensarci, erano davvero liberi di compiere delle scelte? Erano veramente consapevoli di ciò che sarebbe successo a seguito delle loro azioni o, invece, erano solo catalizzatori d’eventi che sarebbero accaduti egualmente perché era l’inconscio collettivo (C.G. Jung) che chiedeva quel salto di paradigma?
In buona sostanza, erano liberi d’agire o erano costretti da forze ben più importanti della semplice coscienza di sé e della presunzione delle proprie capacità ed individualità?
Certamente l’ingranaggio dell’orologio è convinto d’essere utile a quel meccanismo, in realtà viene solo usato: piccolo componente pronto ad essere sostituito da uno nuovo di zecca in caso di malfunzionamenti.
In altri termini, possiamo agire solo con minimi margini di discrezionalità, ovviamente in relazione alla posizione sociale di ciascuno, come ha ben spiegato J. Raz (Legal Reasons, Sources, and Gaps) a proposito delle fondamentali scelte dei Giudici della Corte Suprema.
Le nostre scelte sono estremamente limitate, se vogliamo vivere all’interno di un certo sistema, proprio perché l’inconscio collettivo di quel sistema è enormemente rigido; le funzioni sociali sono definite con granitica tetragonicità e solo il naturale collasso, insito in ogni struttura sociale costituita da esseri con coscienza di sé, può portare, per un periodo di tempo estremamente limitato, il singolo a disporre di reali scelte di vita.
Il collasso epocale (le guerre, le rivoluzioni, le profonde crisi economiche) oppure il cambio di tribù: questi sono gli unici momenti in cui una persona può davvero scegliere.

P.s.: ho scritto queste righe dopo aver letto il pensiero di Eileen Caddy riportato da “Imprevedibile”. Le mie sono solo riflessioni scaturite a seguito di quella lettura; si tratta semplicemente di un diverso punto di vista e non è certo una critica alle pretese d’individualità e d’unicità di ciascuno di noi.

P.p.s.: della Sig.ra Caddy, personalmente, preferisco questo:
“Armonizzati, trova la tua nota e falla risuonare forte e chiara, poiché sei parte della vasta orchestra della vita”
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